Nativi Digitali: Esistono veramente?

Non ci sono dubbi sul fatto che i giovani italiani usino i nuovi media: l'Italia è leader in Europa per il numero di smartphone tra i giovani, con un penetrazione che raggiunge l’80% nella fascia d’età 19/24 anni.

Lo stesso vale per il mondo dei social media: Il 90% dei giovani sotto i trent’anni si connette a internet - l’84% tutti i giorni, il 74% per almeno un’ora al giorno - e il 75% è iscritto a Facebook.

Per cercare di spiegare questo fenomeno il ricercatore americano Mark Prensky ha introdotto il termine «nativo digitale», contrapponendolo a quello di «immigrato digitale»: i nativi digitali, a differenza degli immigrati, sono tutti «madrelingua» del linguaggio digitale dei computer, video games e internet.

Ma è davvero così? Sui contenuti di tal affermazioni è attivo un vivace dibattito con posizioni molto diverse fra loro.

In Italia uno studioso che è molto vicino alla posizione di Prensky è il pedagogista Paolo Ferri. Secondo Ferri i bambini e gli studenti di oggi apprendono e gestiscono l’informazione e la comunicazione in modo sostanzialmente diverso dalle generazioni precedenti.

E’ invece opposta la posizione del pedagogista Pier Cesare Rivoltella, che definisce i nativi digitali una «neuropatologia»: una realtà che sembra ineluttabile e incontrovertibile ma che non è sostenuta da sufficienti evidenze di ricerca.

La posizione che viene presentata in questo volume si pone a metà tra le due precedenti. Come Rivoltella e molti altri colleghi non ritengo i nativi digitali una «discontinuità generazionale». Basta la semplice osservazione dei miei studenti per accorgersi che non tutti gli adolescenti e i giovani adulti di oggi sono in grado di usare le tecnologie in maniera intuitiva.

Allo stesso tempo però sono d’accordo con Ferri nel ritenere che nel momento in cui un adolescente, attraverso un uso massiccio dei media digitali (che è necessario ma non scontato) diventa in grado di usare la tecnologia intuitivamente, i suoi processi cognitivi e sociali cambiano.

In quest’ottica un nativo digitale non è qualcuno che dalla nascita è in grado di usare le nuove tecnologie, ma piuttosto chi le sa usare intuitivamente, senza sforzo.

In altre parole, essere nativi digitali non è una questione generazionale ma di capacità: è possibile essere nativi digitali anche a sessant’anni, così come si può non essere nativi digitali a vent’anni.